PROFILO OPERE

Musiche sulla musica
 

Spazio Oberdan, martedì 22 maggio 2001, ore 21

Scrivere musica su temi, materiali, suggestioni di altre musiche si è sempre fatto. Dalle antiche Missae parodiae alle trascrizioni di Bach da Vivaldi, alle infinite Variazioni su temi d¹opera più o meno celebri, i musicisti hanno sempre tratto ispirazione - e vantaggio - dall¹uso di musiche già scritte, specie se ben conosciute dal pubblico.
Ma da quando la musica è diventata classica, da quando cioè è stato istituito un canone di purezza e di perfezione già raggiunto nel passato e forse non eguagliabile, il gesto di scrivere musica sulla musica ha preso un senso diverso. Per Stravinskij fu escogitato il termine di "musica al quadrato": ma si può ben dire che l¹origine di questo atteggiamento risale alla metà dell'Ottocento, all¹epoca in cui, nella cultura europea, ogni ambito del sapere fu investito dallo storicismo. In musica fu riscoperto Bach (da Mendelssohn in poi) e poi poco a poco tutto il Barocco, si pose mano alla sistemazione testuale e filologica del patrimonio musicale lasciato dai secoli precedenti, si divaricarono definitivamente la figura del compositore e quella dell¹esecutore, e nei programmi di concerto cominciarono a comparire sempre di più le musiche del passato, dei compositori ³grandi², insomma dei classici.
Questo atteggiamento è caratteristico della modernità musicale. Ha a che vedere col fatto, che potrebbe sembrare curioso, che noi continuiamo a eseguire musica creata dai compositori con l¹intento di servire il gusto dei contemporanei, senza minimamente pensare alla posterità: basti riflettere su quanto fu effimera, ai suoi tempi, una carriera come quella di Mozart.
In questo senso si può dire che i due musicisti dell'Ottocento presenti nel programma di stasera, Brahms e Saint-Saëns, assai diversi fra loro, sono entrambi moderni. Entrambi condividono l¹idea che nella prima metà del loro secolo si sia compiuta la consacrazione di un canone di perfezione, classica appunto, che il compositore ha davanti a sé come modello ideale. Che non può far altro che tentare, umilmente, di eguagliare, di celebrare. Un canone con cui bisogna comunque fare i conti.

Questo comune atteggiamento porta però, nei due compositori, a soluzioni molto diverse. Brahms fu quasi ossessionato dall¹idea del confronto con il modello classico, specie beethoveniano, al punto da esitare per decenni prima di scrivere una Sinfonia. Ma prima della stagione delle Sinfonie, Brahms fu assai attratto dal Barocco, e scrisse Gighe e Gavotte. Questo interesse si rispecchia nelle Variazioni su un tema di Haendel, per pianoforte solo, del 1861, e nella collaborazione all¹edizione musicologica di Couperin nel 1869. Anche le Variazioni su un tema di Haydn (1873) precedono la Prima Sinfonia e contengono tratti neobarocchi. Hanno una duplice versione, per due pianoforti e per orchestra, entrambe pubblicate.
Molte opere di Brahms ebbero una versione pianistica. Il Quintetto per pianoforte e archi ebbe vita prima come Sonata per due pianoforti, e Brahms trascrisse personalmente (e talvolta pubblicò) per pianoforte a quattro mani quasi tutta la sua produzione sinfonica e cameristica. Queste trascrizioni venivano allestite spesso prima della versione strumentale, e gli servivano per "collaudare" i lavori nuovi presso la ristretta cerchia dei suoi seguaci (Clara Schumann, Billroth, Bülow, Joachim ecc.) del cui giudizio il compositore faceva gran conto. Ma in alcuni casi, ed è quello delle Variazioni su un tema di Haydn, la versione pianistica fu pubblicata come opus e non come trascrizione: segno evidente della considerazione dell¹autore.

Quanto alla Suite di Corghi Un petit train de plaisir, di cui si esegue stasera la prima delle tre parti, è per elezione una musica sulla musica. Viene manipolato, rielaborato, rivisitato un gruppo di Péchés de Vieillesse di Rossini, pezzi scherzosi, ironici, talvolta cinici, che il Rossini maturo e appartato riservava alla sua cerchia parigina, che lo aveva a suo guru. Corghi rilegge Rossini, che si definiva pianista di quarta classe, alla luce del virtuosismo pianistico del secondo Ottocento. Nella partitura sono fedelmente conservate le didascalie che Rossini spargeva con abbondanza a sottolineare l¹intento descrittivo e ³prosaico² dei suoi Peccati.

Il classicismo di Brahms, venato di nostalgia, seppe tuttavia sottrarsi alla retorica della nostalgia, e anzi fu nel corso del XX secolo che si potè teorizzare, in una celebre analisi di Schönberg, il "progressismo" di Brahms. In Saint-Saëns invece il rapporto col modello classico si fa francamente accademico - del resto è della Francia di quel tempo l'impianto culturale e metodologico del sapere musicale accademico: il Conservatorio attuale -. Alla prova del tempo il compositore francese ha perso parte del prestigio e dell'autorevolezza che ebbe in vita, e forse oggi molti studenti di musica lo ricordano solo per l'aneddoto che lo vuole capofila della contestazione alla "prima" della Sagra della Primavera di Stravinskij. Ma Saint-Saëns, oltre a essere un compositore straordinariamente fecondo, si salva spesso dall'accademismo grazie al magistero strabiliante con cui sa trattare gli strumenti, e il pianoforte in particolare. Le Variazioni su un tema di Beethoven (tratto dal Minuetto della Sonata per pianoforte op. 31 n.3) sono uno degli esempi più spettacolari di utilizzo del duo pianistico, delle sue sonorità, dei suoi effetti a specchio, della sua capacità non solo di raddoppiare il volume ma anche di implementare la teatralità del virtuosismo. E in questo senso Saint-Saëns riesce davvero a farsi erede del suo modello, visto che la suggestione del virtuosismo è il propellente primario dell¹evoluzione del pianoforte nella prima metà dell¹Ottocento.

Anche La Valse di Ravel è un luogo del virtuosismo - compositivo prima ancora che esecutivo - e lo è nella versione pianistica non meno che in quella orchestrale. Come l'op. 56b di Brahms, è nata con due versioni: quella per orchestra - una delle orchestrazioni più belle di un riconosciuto maestro dell'orchestrazione - e quella per due pianoforti, curata e pubblicata dall¹autore. Anche La Valse appartiene alle "musiche sulla musica", se pur non cita uno specifico musicista. Ad esservi citato, o meglio evocato, è un intero mondo musicale, quello del Valzer viennese. La genialità di Ravel, e la sua modernità, stanno nel fatto che, a pochi anni di distanza (La Valse è del 1920, e la Belle Epoque è convenzionalmente finita con la Prima Guerra), egli percepisce che quel mondo è andato via per sempre, è diventato un luogo dell¹immaginario musicale, e come tale ce lo restituisce.


Sergio Lattes


 

 
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